Capire la geopolitica: la scuola francese
Una scuola importante per l’evoluzione della dottrina geopolitica è stata quella francese. Élisée Reclus (1830-1905), Paul Vidal de la Blanche (1845-1918), Jacques Ancel (1879-1936), e Fernand Braudel (1902-1985), ne sono considerati i fondatori, i quali si sono opposti al determinismo della tradizione tedesca e la sua focalizzazione in eventi temporali puntuali. In netta antitesi con questa, hanno introdotto una visione globale su eventi di larga portata, in cui la geografia evolve in concomitanza con lo sviluppo della società umana e la sua azione sul territorio, dando origine ad aree poliformiche. Tale visione si fonda sull’interdipendenza fra individui e ambiente, l’approccio sociale alla geografia e il criterio del possibilismo.
Verso la metà degli anni settanta, Yves Lacoste (1929), ispirato da Braudel, Ancel, e Vidal de la Blanche, costruisce un metodo di analisi dei conflitti, a partire da tre principi: la rappresentazione -concezione comune del mondo e degli altri che ogni gruppo radicato in un luogo specifico ancora nell’etnicità e acquisisce attraverso l’educazione-; la diacronia- raffronto tra lunghi periodi e brevi lassi di tempo della storia-; e la diatopia -investigazione condotta mediante una mappatura su multiple scala-. Il suo libro “La geografia: un’arma per la guerra” (1976) rappresenta il consolidamento della scuola. Alla fine della decade degli ottanta, avvia l’istituto francese di geopolitica, che rigetta le generalizzazioni e le astrazioni degli studi anglo-americani, e si specializza nella dimensione spaziale su vari livelli di ricerca. L’enfasi viene posta sulla cartografia in contrasto alla geopolitica critica che non ricorre a tali strumenti. L’istituto pubblica la rivista scientifica Hérodote.
Nel 1974, lo storico Henri Lefebvre (1901-1991) aveva scritto “La produzione dello spazio”. Le idee espresse nel libro contaminarono il lavoro di Lacoste e altri studiosi che seguirono. Secondo Lefebvre, esistono modi differenti di creazione dello spazio, da quello naturale o assoluto, ad altri più complessi, il cui significato viene elaborato per via relazionale, come per lo spazio sociale. La dimensione storica è generata dalla dialettica fra le pratiche quotidiane e le percezioni (ciò che è conosciuto), le rappresentazioni o teorie dello spazio (ciò che è concepito) e lo spazio immaginato del tempo (ciò che è vissuto). L’argomento di Lefebvre è che la costruzione dello spazio, basata su valori e significati, influisce sulle pratiche sociali e le percezioni spaziali. Si tratta di un cambio di prospettiva, dallo spazio al processo di invenzione dello stesso, alla molteplicità di spazi fabbricati e resi utili nel contesto sociale, e al carattere contradditorio, conflittuale e, in un’ultima istanza, politico, della sua produzione. Lo spazio rappresenta, quindi, l’esistenza sociale dei gruppi, e uno strumento di controllo, dominazione e potere.
Nel campo della geopolitica francese, ha avuto anche una grande influenza la nozione di dispositivo del filosofo Michel Foucault (1926–1984). Venne introdotta con il proposito dell’indagine biopolitica e, nelle parole di Foucault, si riferisce a “un insieme eterogeneo, che comprende discorsi, istituzioni, installazioni architettoniche, leggi, misure amministrative, enunciati scientifici, proposizioni filosofiche e morali, che appartengono sia al detto sia al non detto, e si stabiliscono in rete”; ovvero tutto ciò che, in una maniera o nell’altra, è in grado di orientare o determinare una prassi.
Connesso a queste speculazioni, Michel Foucher (1946) si concentra nell’esame delle frontiere internazionali e conia alcuni neologismi, fra i quali: orogenesi, nascita dei confini; e diade, confine condiviso da due stati limitrofi. Foucher è un esperto dell’Unione Africana per questioni transfrontaliere e il suo libro principale si intitola “Fronti e frontiere” (1991). François Thual (1944) applica il metodo alla geopolitica delle religioni.
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