Uno studio, pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità, a giugno del 2024, dichiara che il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili è apparso in Italia, a seguito del flusso di migranti proveniente dall’Africa del Nord e l’Africa Sub-Sahariana, negli ultimi vent’anni, e che il numero di donne sottoposte a questa pratica, nel nostro paese, è ancora incerto. Le stime, basate su metodi di inchiesta diretti e diretti, indicano cifre intorno a 80 mila adulte e circa 7 mila minori.
A questo proposito, l’Italia ha istituito la Legge n. 7 del 9 gennaio 2006, con la quale si prevedono pene carcerarie per quanti coinvolti, e la sospensione del personale medico che si presti a richieste specifiche. Nel 2007, sono seguite linee guida per la prevenzione, così come la cura e la riabilitazione, dirette ai professionisti della salute, e altre figure che lavorano a contatto con le comunità migranti, in cui ne prevale il ricorso. Le interviste realizzate come parte dello studio rivelano, tuttavia, la necessità urgente di affrontare alcune percezioni errate, e irrobustire le conoscenze al riguardo, degli operatori in ambiti ginecologico, ostetrico e pediatrico.
Le mutilazioni genitali, perlopiù imposte alle bambine e alle ragazze, durante l’infanzia e l’adolescenza, rappresentano una forma di controllo di tipo patriarcale, e generano conseguenze acute e croniche per la loro salute fisica, psicologica e riproduttiva. Sul piano internazionale, sono riconosciute come violazione dei diritti umani.
Secondo le organizzazioni internazionali, su scala globale, oltre 200 milioni di donne e ragazze, delle quali 600 mila in Europa, hanno già subito questa efferata violenza. Tre milioni di bambine sono a rischio ogni anno in 92 Stati. I governi del mondo si sono impegnati a eradicarle per il 2030, con un obiettivo ad hoc dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
L’eliminazione delle mutilazioni genitali femminili è un imperativo etico. Risponde a un’emergenza sul piano umanitario e della salute e, allo stesso tempo, si traduce in un investimento cruciale per la costruzione di società ed economie, dove la paritaria e sostantiva partecipazione di donne e uomini possa contribuire al benessere collettivo.
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