Il 25 novembre viene celebrata la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ufficializzata dalle Nazioni Unite nel 1999. La data è stata scelta per commemorare la vita e il coraggio, delle sorelle Patria, Maria Teresa e Minerva Mirabal, trucidate dal dittatore della Repubblica Dominicana, Rafael Trujillo. Questa è un’importante occasione per veicolare informazioni e strumenti legati alla prevenzione e l’attenzione di cause e conseguenze di un fenomeno nel quale si danno dimensioni di sopraffazione che non risparmiano nessuna tappa del ciclo vitale femminile. Ogni anno, a partire dal 25 novembre, si inaugura quindi un periodo di sedici giorni dedicato all’attivismo contro la violenza di genere, che si conclude il 10 dicembre, con la Giornata internazionale dei diritti umani.
Gli attacchi fisici in ambito domestico, la violenza psicologica e l’umiliazione personale nella coppia e in famiglia, l’aggressione attraverso i canali digitali, la pornografia, lo stalking, le molestie sessuali, l’infibulazione genitale, i matrimoni precoci, la pedofilia, lo stupro, la tratta di donne e la prostituzione forzata, fino ad arrivare al femminicidio, si dipanano da una matrice patriarcale. Gli stereotipi di genere, ancora presenti nelle società, il possesso e il controllo all’interno delle relazioni affettive e sentimentali, la discriminazione sul lavoro e la differenza salariale, sono solo alcuni esempi di come il sessismo contribuisca a creare per le donne dei contesti squilibrati, iniqui e poco sicuri.
Per incidere in questi processi, è importante intervenire prima che si sedimentino categorie mentali e comportamenti che non concepiscono le donne come soggetti liberi e autonomi e condizionano la crescita di bambini e bambine. L’educazione deve affrontare, in modo integrale e sistematico, il rispetto delle differenze e la gestione delle emozioni nei rapporti interpersonali, fornendo la possibilità di sperimentare un ambiente accogliente, non giudicante e paritario, che consenta di procedere verso una destrutturazione di ruoli e relazioni basate su pregiudizi maschilisti.
I simboli contro la violenza sulle donne sono le scarpe e le panchine rosse. Le scarpe rosse, esposte in luoghi pubblici, rappresentano la protesta e la battaglia contro il femminicido. La loro storia nasce in Messico, a Ciudad Juárez nello Stato del Chihuahua, nota per il numero sconcertante di omicidi di donne negli ultimi vent’anni. Un’artista messicana, Elina Chauvet, per ricordare le vittime, compresa la sorella assassinata dal marito a soli vent’anni, nel 2009, posizionò in una piazza trentatré paia di scarpe femminili, tutte rosse e donate da donne locali. In seguito, l’istallazione è stata replicata un gran numero di volte in Messico e in altri paesi come Argentina, Ecuador, Canada, Stati Uniti, Spagna, Italia e Norvegia. Il colore è stato adottato per identificare, in forma più ampia, il contrasto alla violenza di genere. Le panchine rosse, dove raccogliersi per riflettere, vengono invece utilizzate per dire no alla violenza domestica, e sottolineare come famiglie e comunità siano spesso luoghi dove donne e bambine vivono in gabbia o trovano la morte.
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