Il Consiglio Europeo, riunito a Bruxelles la scorsa settimana, ha discusso l’attuazione delle misure per arginare i flussi migratori lungo le rotte del Mediterraneo centrale e orientale, e gli strumenti creati per affrontarne le cause, compreso il riordino del sistema di asilo. Intenti che non hanno ancora scaturito grandi risultati, malgrado l’emergenza in corso, accreditando l’intollerabile torpore e la deficienza di strutture e processi, che vanno prontamente riformati per rispondere ai principi di responsabilità e solidarietà, nonché a quelli di efficienza istituzionale e politica. I 3.3 miliardi di euro da destinarsi a paesi terzi, annunciati dall’Europa, potrebbero poi rivelarsi perfino deleteri, se i suoi vertici continuano a esibire l’imbarazzante mancanza di visione globale di cui siamo osservatori costernati (vedi Il mondo nel 2017).
Sarebbe stato interessante che nelle conferenze stampa a prosieguo dei lavori si fossero passati al vaglio alcuni nodi che mettono a dura prova la coerenza e la buona fede dell’Unione Europea. Ne propongo uno a maniera di esempio. L’Europa ha raggiunto un accordo di milioni di euro con il Sudan per la sua collaborazione nel controllo delle migrazioni. E’ stato siglato con il presidente, Omar al-Bashir, oggetto di un mandato di arresto della Corte Penale Internazionale per il genocidio in Darfur. Al-Bashir è inoltre reo di gravi violazioni – bombardamenti aerei di civili, incursioni militari in centri abitati, uso di armi chimiche, sopraffazione etnica, arresti arbitrari e tortura di dissidenti, nelle regioni del sud e del centro del paese (vedi Guerre dimenticate: Nilo Blu).
Così facendo, il confine fra il Sudan e la Libia, zona di transito dei migranti che sbarcano sulle coste italiane, sarà pattugliato dalla milizia paramilitare Janjaweed, braccio armato di al-Bashir in Darfur, ribattezzata “forza di supporto rapido”. Tale è il paradosso delle relazioni internazionali. Le utilità geopolitiche scavalcano noncuranti diritti umani e genocidio; una verità spietata che i burocrati non raccontano. Oltre 10.000 persone arrivate solo negli ultimi giorni in fuga da stati repressivi e depredatori, come il Sudan, o l’Eritrea, dove esiste un ordine di “sparare per uccidere” chi tenta di espatriare, nei quali i giovani non hanno alcuna opportunità (vedi Osservatorio Africa).
Fino a quando ci saranno governi che sperperano e saccheggiano, non ci saranno condizioni e incentivi perché la gente rimanga e le soluzioni non richiedono decine d’anni. Il Sudan e l’Eritrea sono ricchi di risorse e con volontà politica, se necessario, spronata da pressioni comunitarie, potrebbero avviare in breve tempo trasformazioni democratiche a favore delle maggioranze escluse. Invece di foraggiare regimi dispotici, o inaffidabili, senza alcuna vigilanza possibile sui fondi erogati, l’Unione Europea dovrebbe fare leva su sanzioni, o altre strette economiche per fermare le atrocità, e assicurare che l’intelligence investighi sulle attività off-shore e di riciclaggio di denaro che sottraggono agli investimenti sociali. Ciò potrebbe avere un impatto sull’ondata di migranti, piuttosto che stringere alleanze scellerati con gli stessi tiranni che li opprimono e costringono a un esodo disperato.
Questa è l’unica via che si diriga con integrità alle cause dell’immigrazione. Mettere a disposizione cospicui capitali a stati banditeschi, amplia solo la loro capacità di distoglierli dagli apparati nazionali e accedere a vantaggi individuali sui mercati finanziari. Il programma delle sanzioni può essere tarato per inchiodare i comportamenti disonesti di quegli organi, in special modo quelli militari e della sicurezza, che prosperano sulla guerra. Le sanzioni non pregiudicano la popolazione locale, di certo non nuocciono più della persecuzione politica e dei conflitti, se vengono previste esenzioni per i settori medici e umanitari, l’esportazione di prodotti agricoli, lo scambio professionale, accademico, e nel campo della ricerca, e le iniziative di assistenza e alleviamento della povertà people-to-people, procedure adottate con esiti positivi per l’Iran e Cuba all’epoca dell’embargo americano.
Rafforzare pecuniariamente autocrazie violente e corrotte contribuisce all’aumento del potere interno di coercizione e al devastamento di intere nazioni, creando un circolo vizioso che spinge ancor più a emigrare o a partecipare in attività criminali, come il traffico di esseri umani e il terrorismo, o a unirsi alla militanza anti-governativa. I benefici a corto termine di scendere a patti con dittatori vanno ponderati sul danno provocato per la costruzione di stati legittimi e stabili a lungo termine. Come conseguenza di simili decisioni, nel futuro si avrà meno forza negoziale con i paesi d’origine proprio sulle questioni che si pretende di risolvere – peraltro già successo con la Turchia, e gli obiettivi politici sulle migrazioni e il terrorismo risulteranno compromessi. Per farlo l’Europa dovrebbe avere una propria politica estera e una voce distinta nel mondo, che al momento non ha, neppure da lontano.
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Il Sudan è soggetto a sanzioni solo da parte degli Stati Uniti. Vennero imposte da George W. Bush e a gennaio di quest’anno sono state allentate per il raggiungimento di alcuni parametri. L’atteggiamento dei vertici europei è sempre guidato dalle posizioni statunitensi, ma nel caso delle migrazioni gli interessi non sono coincidenti, e concordo con l’articolo nella proposta di sanzioni europee invece di accordi milionari con un dittatore. Ai contribuenti dovrebbe essere risparmiato lo stipendio della Alta Rappresentante per la Politica Estera, posizione di facciata completamente inutile.
Purtroppo molte nazioni hanno cambiato posizione nei confronti del Sudan per interessi economici e geopolitici.
Cina, India e Sudafrica hanno ricevuto al-Bashir in via ufficiale per colloqui commerciali.
Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, rivali storici di Khartoum a causa della sua amicizia con l’Iran, hanno appoggiato il regime con sostanziosi aiuti finanziari, in cambio dell’invio di truppe in Yemen, per la repressione dell’insurrezione houti. L’Iran, sotto il peso delle sanzioni statunitensi, negli ultimi anni aveva diminuito il sostegno al Sudan, e al-Bashir ha presto forgiato una calcolata alleanza con Riyadh.
Sull’argomento delle migrazioni consiglio di leggere anche “Leadership responsabile” e “Osservatorio Africa”. Si trovano negli articoli meno recenti.