Rosa Parks, scomparsa nel 2005, divenne famosa in tutto il mondo, ispirando film, libri e canzoni, per essere stata arrestata il primo dicembre del 1955, al non aver ceduto il suo posto sull’autobus a un uomo bianco. La first lady dei diritti civili, così come definita nel 1999, con l’attribuzione della medaglia d’oro del Congresso, il più prestigioso riconoscimento civile statunitense, non fu, in realtà, la prima persona a Montgomery a ribellarsi alle norme segregazioniste. Nove mesi prima, Claudette Colvin, una ragazza di 15 anni, era stata condannata per aver violato la stessa ordinanza.
“Di solito, io e i miei compagni, prendevamo uno scuolabus speciale, riservato ai bambini neri. […] Ma il 2 marzo del 1955, eravamo usciti in anticipo, a causa di una riunione degli insegnanti. Avevamo camminato fino in centro e preso il bus per tornare a casa”, spiega Colvin nella dichiarazione al tribunale. Qualche fermata dopo, lo spazio davanti era al completo e l’autista aveva imposto di liberare la prima fila della parte di dietro per accomodare due ragazze bianche. Gli altri avevano ubbidito, mentre lei era restata ferma dove si trovava. Colvin racconta di essere stata “trascinata fuori, ammanettata e portata in cella”, aggiungendo di aver resistito all’arresto e gridato “è un mio diritto costituzionale”.
All’epoca, in diversi stati del sud, i cittadini neri potevano occupare solo l’area posteriore, ed erano obbligati a spostarsi o a scendere, in caso non ci fossero abbastanza sedute per i passeggeri bianchi. La storia di Claudette Colvin aveva attirato l’attenzione delle organizzazioni per i diritti civili che, però, decisero di non procedere con azioni politiche, sebbene da tempo alla ricerca di una figura simbolo per le proteste. Fu, quindi, il gesto di Rosa Parks a dare inizio al boicottaggio della comunità afroamericana del sistema dei trasporti urbano, durata per quasi un anno, fino a ottenere l’abolizione della segregazione razziale sui mezzi pubblici in Alabama.
Colvin era un’adolescente, non sposata, in attesa di un bambino, e i membri della National association for the advancement of coloured people (Naacp) reputarono che la sua vicenda sarebbe stata controversa, perché avrebbe fatto parlare più della gravidanza precoce che del boicottaggio. Nella decisione della Naacp influì anche il fatto che Colvin vivesse in una baracca precaria e provenisse da una famiglia della classe sottoproletaria, mentre Parks era una donna sposata, moralmente ineccepibile, e con una buona preparazione accademica. Aveva, inoltre, un colore della pelle più chiaro rispetto a quello di Claudette e, quindi, maggiori possibilità di suscitare simpatia o solidarietà fra i bianchi moderati.
Claudette Colvin venne condannata con l’aggravante di una supposta aggressione a un agente di polizia. In virtù della giovane età, le fu assegnata la libertà condizionata a tempo indefinito, legata al mantenimento della buona condotta, senza mai ricevere notifica ufficiale di revoca o fine della pena. Faticava a trovare lavoro in Alabama e veniva licenziata quando i datori scoprivano che era “la ragazza rimasta seduta”. Poi, si trasferì nel Bronx, New York, dove visse per gran parte della vita, celando l’arresto, e tornando a trovare la famiglia d’estate, sempre con il timore di essere fermata dalle forze dell’ordine per violazione della condizionale. A 82 anni, Colvin ha richiesto al tribunale minorile della contea di Montgomery di ripulire la sua fedina penale e ottenere giustizia sui documenti storici. La sentenza è stata cancellata da un giudice afroamericano, in un atto simbolico di doppia importanza, in quanto al momento degli eventi sarebbe stato interdetto da questo tipo di incarico.
Da almeno vent’anni, Claudette Colvin sta cercando di far riconoscere e valorizzare il suo ruolo all’interno del movimento per i diritti civili, essendo stata una querelante nella causa giudiziaria “Browder contro Gayle” – Gayle era il sindaco di Montgomery -, insieme a quattro donne che, dopo di lei, avevano compiuto atti simili (Aurelia S. Browder, Susie McDonald, Mary Louise Smith e Jeanatta Reese, ritiratasi sotto la pressione di intimidazioni e minacce razziste). Il 5 giugno 1956, il tribunale distrettuale stabilì che la segregazione sugli autobus fosse incostituzionale. La sentenza venne confermata dalla Corte Suprema il 17 dicembre 1956, chiudendo la strada al ricorso intentato dallo stato dell’Alabama e la città di Montgomery, e tre giorni dopo finì il boicottaggio.
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