Almanacco: riunificazione della Germania
Il 12 settembre 1990 ebbe inizio la riunificazione della Germania, grazie alla firma del trattato sul suo stato finale, tra la Repubblica democratica tedesca (Rdt), la Repubblica federale tedesca (Rft), e le quattro potenze che la occuparono alla fine della seconda guerra mondiale. Il primo ministro della Rdt, Lothar de Maizière, negoziò le condizioni con la Rft, gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica, il Regno Unito, e la Francia. Eletto il 18 marzo dello stesso anno, si trovava a capo di un esecutivo il cui principale mandato era quello di mettere fine allo stesso stato che rappresentava.
Nonostante avesse riconsiderato la sua iniziale opposizione, l’Unione Sovietica non voleva che la Rdt fosse assorbita nella Nato. Venne raggiunto un accordo che permise alla Germania di farne parte, a condizione che non fossero stanziate truppe nei territori della ex Rdt. Il 14 luglio, con un incontro nel Caucaso tra Michail Gorbačëv e Helmut Kohl, il processo aveva avuto il definitivo via libera di Mosca (Gorbačëv aveva, in precedenza, sostenuto colloqui con la controparte statunitense). Nei mesi seguenti, il Volkskammer, parlamento della Rdt, aveva approvato la proposta di accessione alla Rft (23 agosto) ed era stato siglato il patto di unificazione fra la Rdt e la Rft (31 agosto).
I rilevanti costi della riunificazione, stimati dalla Freie Universität Berlin, intorno ai 1.500 miliardi di Euro, contribuirono a una più lenta crescita economica negli anni seguenti. Questa cifra, infatti, ha costituito il più grande debito nazionale dello stato tedesco. Le cause furono la fragilità dell’economia della Rdt, sensibile all’instabilità dei paesi del blocco socialista, combinata con un’affrettata unione monetaria e la decisione politica sul tasso di conversione fra i due marchi, dettate dall’interesse degli americani di approfittare della finestra geopolitica offerta dal riformismo di Gorbačëv. Il difetto di competitività fece collassare, in breve tempo, l’apparato industriale della Rdt, sebbene nel complesso non si trovasse di fronte a un rischio di bancarotta, essendo in grado di esportare il 50 per cento del reddito nazionale.
La riunificazione, avvenuta secondo il principio dell’adesione volontaria alla Rft dei cinque Länder di Brandeburgo, Meclemburgo-Pomerania Anteriore, Sassonia, Sassonia-Anhalt e Turingia, e non attraverso l’unione formale di due stati, in vista della scrittura di una nuova costituzione per la Germania unificata, poi associata alla crisi economica, aggravata da alti tassi di disoccupazione e migrazione interna, lasciò spazio al risentimento di parte dei tedeschi dell’est, secondo i quali non sarebbero stati riunificati ma semplicemente annessi al mondo occidentale.
Il 14 novembre, venne assicurato un trattato con la Polonia, che fissava i confini permanenti tra i due Stati sulla linea Oder-Neisse, rinunciando a rivendicazioni su Slesia, Pomerania orientale, Neumark ed ex Prussia orientale. Il mese successivo, si tennero le prime elezioni libere di tutto il popolo tedesco, a partire dal 1933. È significativo notare che solo nel 1990, le ex potenze occupanti abbandonarono i diritti conquistati con la vittoria sul nazismo e la conferenza di Potsdam del 1945.
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