Una risoluzione delle Nazioni Unite (A/RES/61/271, 15 giugno 2007) dedica il 2 ottobre, data in cui ricorre l’anniversario della nascita del politico, filosofo e avvocato indiano Mohandas Karamchand Gandhi (1869-1948), alla nonviolenza. La giornata internazionale consente di ribadire la rilevanza del principio e diffonderne il messaggio “anche mediante l’istruzione e la sensibilizzazione delle comunità”, al fine di “assicurare una cultura di pace, tolleranza, e comprensione reciproca”.
Il termine nonviolenza, ovvero “la forza che nasce dalla verità e dall’amore”, venne coniato nel 1908, e indica il movimento e il metodo di lotta ideato e promosso, dall’altrimenti conosciuto, Mahatma Gandhi (grande anima). Voce guida di questa dottrina filosofica, evoluta in vera e propria strategia, affermò inoltre che “la nonviolenza è la più grande forza a disposizione dell’umanità”, e nel tempo entrò a far parte della memoria collettiva.
La teoria delle azioni nonviolente si basa nel concetto di disobbedienza civile, nello specifico alle leggi dell’allora impero britannico. Secondo il pensiero per cui “giusti mezzi portano a giusti fini”, l’utilizzo della violenza contro il colonialismo appariva a Gandhi del tutto insensato, se la meta era la realizzazione di una società pacifica. Queste idee, tanto semplici quanto rivoluzionarie, garantirono all’India l’indipendenza e la fondazione di quella che è stata definita la più grande democrazia al mondo.
Alla resistenza nonviolenta si richiamano tutt’oggi non solo gruppi di opposizione alla guerra, ma realtà che aspirano alla giustizia e il cambiamento sociale. Un postulato fondamentale è che il potere oppressivo dipende dal consenso della popolazione: la nonviolenza mira, pertanto, a minarlo attraverso il rifiuto della collaborazione. Il credo echeggia, pur con limitazioni, nel testo della Carta delle Nazioni Unite, dove si sanciscono gli obiettivi di “praticare la tolleranza e vivere insieme in pace come buoni vicini” e “assicurare […] che non venga impiegata la forza armata, salvo che nell’interesse comune”.
Nel presente contesto di crescenti disuguaglianze, divisioni all’interno dei paesi, discorsi di odio e intolleranza, aumento delle tensioni e delle guerre, e caos climatico, le parole di Gandhi, secondo le quali “la nostra capacità di raggiungere l’unità nella diversità sarà la bellezza e la sfida della nostra civiltà”, restano di grande attualità. Soltanto con la nonviolenza, infatti, si potrà sovvertire il paradigma politico che incentiva la prevaricazione e così investire nella coesione sul piano sociale e delle relazioni globali.
Nello spirito della giornata dell’Onu, è l’insieme della difesa dei diritti umani, la rimozione delle condizioni che determinano esclusione ed estremismi, l’eradicazione della discriminazione contro le donne, la risoluzione dei conflitti armati con mezzi nonviolenti, che contribuisce alla costruzione di un futuro pacifico. Questo lavoro, tuttavia, non può essere lasciato alle organizzazioni internazionali o ai governi. Per essere duratura, la pace deve essere ottenuta attorno ai tavoli delle comunità, non solo a quelli dei negoziati, in quanto inizia con il ruolo cruciale giocato dagli individui per prevenire i soprusi e fermare il ricorso alla violenza.
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