La Bambina ripubblica un articolo di attualità
Spazi strategici: lo stretto di Hormuz
Il Toro e la Bambina, 10 maggio 2021
Il 90 per cento del petrolio estratto dai paesi che si affacciano sul golfo Persico – il 20 del totale globale -, circola per lo stretto di Hormuz, unica via verso il mare aperto per gli otto grandi esportatori arabi alleati di Washington. Sia l’Iran sia gli Stati Uniti hanno forti interessi nell’area.
I terminali dell’Iran, quarto produttore al mondo, si trovano al suo interno, trasferiti dall’isolotto di Kharg su quello di Larak, in seguito agli attacchi dell’Iraq. Se pure gli Stati Uniti hanno diminuito il consumo di greggio dal medio oriente, hanno investito in basi militari nel Qatar e nel Bahrein, dove è stanziata la quinta flotta americana. Queste sono accessibili solo dallo stretto, il cui punto più angusto di 6.5 chilometri, si trova a ridosso della costa iraniana.
I fatti del 2019, con il sequestro del mercantile Grace-1, da parte britannica, su mandato statunitense, per il sospetto di traffico di petrolio, in violazione delle disposizioni dell’Unione Europea, e quello dell’inglese Stena Impero, da parte iraniana, per presunta infrazione del codice marittimo, affondano le radici in un passato non lontano. Il confronto tra i due paesi risale al 1987, quando gli Stati Uniti intervennero nel conflitto tra l’Iran e l’Iraq, per prevenire aggressioni alle navi cisterna del Kuwait. Nel 1988, ebbe luogo la guerra delle petroliere, nel corso della quale vennero silurati incrociatori iraniani. Annunci di blocco dello stretto, provocazioni, incidenti e rappresaglie, si sono susseguiti in forma reciproca.
La sicurezza del golfo Persico è importante per gli Stati Uniti per ragioni geopolitiche, piuttosto che energetiche, e questa si gioca a Hormuz. L’Iran, dal canto suo, ha imparato dalla storia che può acquisire una posizione negoziatrice con gli Stati Uniti con azioni di disturbo e sabotaggio ai cargo. In tempi di pesanti e rinnovate misure coercitive contro la commercializzazione del petrolio iraniano, la repubblica islamica, le cui entrate statali dipendono per circa l’80 per cento dalla materia prima, ha cercato di aprirsi un varco nella campagna di massima pressione dell’amministrazione Trump.
Sebbene le leggi internazionali garantiscano la libertà di transito, questo è un teatro insidioso. Dopo il protettorato del Regno Unito, protrattosi dal 1820 al 1970, e le rivendicazioni cadute nel vuoto della Persia, nessuno ne controlla l’interezza del territorio. Lo stretto di Hormuz rimane una delle zone più instabili del pianeta, caratterizzato dalla presenza di un mosaico di fazioni avverse.
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