La Bambina ripubblica un articolo di attualità
In che misura la Russia rappresenta un pericolo per gli Stati Uniti?
Il Toro e la Bambina, 12 dicembre 2020
La sicurezza nazionale americana indica due minacce principali: Cina e Russia. L’ex-presidente Donald Trump assunse l’incarico con la risolutezza di migliorare le relazioni con il Cremlino, ma il resto dell’esecutivo e il congresso hanno continuato a promuovere politiche severe, e queste si trovano nel loro peggior momento dal 1985.
Stati Uniti e Russia sono due super poteri nucleari e partecipano della responsabilità di garantire la pace e scoraggiare ulteriore proliferazione di armamenti siano nucleari, biologici o chimici. Le sfide del terrorismo, il cambio climatico, e la pandemia COVID-19, richiedono che si trovi una quadratura fra competizione e cooperazione.
Ci sono stati due periodi nella storia contemporanea in cui Stati Uniti e Russia hanno lavorato in maniera congiunta con risultati positivi: nella prima fase del conflitto in Afghanistan, immediatamente posteriore al 2001, quando il Cremlino condivise informazione strategica con Washington; e fra il 2008 e il 2012, quando venne messa in atto una collaborazione puntuale per la sorveglianza delle armi in Afghanistan e Iran. La situazione tornò a farsi tesa in seguito ai sospetti che le proteste succedute al ritorno di Vladimir Putin, eletto con il 64 per cento dei voti, fossero il riflesso della longa manus dell’allora segretaria di stato Hillary Clinton. In reazione, venne concesso asilo a Edward Snowden, l’analista della National Security Agency, che aveva rivelato la fitta trama di spionaggio degli Stati Uniti alle spalle degli stessi alleati, incluse nazioni dell’Unione Europea, ed era giunto a Mosca via Hong Kong. Negata l’estradizione, Barack Obama, a sua volta, cancellò un summit programmato con Putin.
L’errore degli Stati Uniti risiede nell’incorretta valutazione che con la caduta del sistema del comunismo reale, e il disfacimento dell’Unione Sovietica, i russi avrebbero scelto in massa di abbracciare l’occidente, e diventare se non proprio americani, per lo meno europei. Gli Stati Uniti inviarono delegati politici ed economici per assistere il nascente settore privato e condizionare la compagine democratica e di mercato. Nondimeno, la Russia, procedente da una lunga tradizione di egemonia, aveva ben chiara l’idea del proprio posto nell’ordine del mondo. Le sue aspettative vennero ignorate e con esse il diritto a una sfera di influenza. In conseguenza a ciò, la Federazione Russa delimita il perimetro di sicurezza non lungo la propria frontiera, ma in corrispondenza di quelli dell’ex-Unione Sovietica e conta su tale riconoscimento, in termini di un arresto dell’avanzamento a est di Washington e Bruxelles.
I segretari di stato Condoleezza Rice, Hillary Clinton e John Kerry, avevano prospettato, l’inaugurazione di un ciclo nel quale i grandi poteri non sarebbero stati definiti da sfere di influenza, e la dottrina Monroe, alla base della rivendicazione americana della sua proiezione nell’emisfero occidentale, aveva esaurito il proprio scopo. Sebbene questi pronunciamenti rispecchiassero la metamorfosi della geopolitica, partivano dal presupposto che tali influenze non dovessero esistere, in quanto l’intero pianeta si era trasformato in una sfera de facto degli Stati Uniti. Non si era certo abbandonato l’uso della forza. Nei primi due decenni dall’epilogo della guerra fredda, l’esborso per la difesa degli Stati Uniti oltrepassò il totale dei dieci paesi che li seguivano per spesa militare. Il Pentagono poteva schierare truppe dove volesse e operare indisturbato: non vi era altra scelta che l’agire dentro le regole imposte o pagare il prezzo di sanzioni o rovesciamenti di regime.
Altri mutamenti, tuttavia, erano in serbo. La quota di prodotto interno lordo degli Stati Uniti è passata da quasi la metà nel 1950, a un quarto nel 1991, a un settimo nell’attualità. Sebbene il Pil non catturi tutti fattori di solidità di una società, esprime le strutture di potere che dettano i rapporti fra le nazioni, e il potere relativo degli Stati Uniti si è ridotto in misura sensibile. Se i cinesi investono 1.3 trilioni per accorciare le distanze con l’Eurasia, in risposta gli americani arrivano solo a 113 milioni nel continente indo-pacifico. Nel 1949, l’Unione Sovietica realizzò il primo test nucleare e cominciò a incrementare la sua dotazione. A oggi la Russia detiene una quantità maggiore di armi atomiche degli Stati Uniti, e i due paesi hanno un numero uguale di testate installate, ma è la Russia che ha sviluppato la bomba più letale, conosciuta come Tsar Bomba, con 50 megatoni di tritolo. L’assertività di Cina e Russia sul piano economico, tecnologico e militare, ne ha sfidato il primato, finendo per eroderlo, e si è aperta una nuova era di antagonismo intorno a benefici, modelli e valori.
Un duro colpo viene sferrato nel 2014. In seguito a una rivolta, durata alcuni mesi, che costringe il presidente ucraino filo-russo, Viktor Yanukovych, a riparare all’estero, e vede l’instaurazione di un governo filo-americano, il Cremlino, con l’aiuto di contigenti locali separatisti, occupa la penisola della Crimea, parte dell’Ucraina dal 1954, violando il Memorandum di Budapest, con il quale Russia, Stati Uniti, Ucraina e Regno Unito si erano impegnati a conservarne l’integrità territoriale. Nonostante le sanzioni americane ed europee, che riducono l’accesso della Russia ai mercati finanziari, la Crimea viene annessa e l’ingresso dell’Ucraina nella Nato posto in un limbo. Si è anche aperto un fronte nell’area sudorientale del Donbas, con un costo di 14 mila morti. Questi sono fatti che nessuno intende o può contestare sul terreno, mentre la deferenza al Cremlino, dei paesi limitrofi, va aumentando.
Il confronto segue, nel 2015, con il supporto di Mosca alla Siria di Bashar al-Assad, avendo Washington fomentato la fazione opposta nella pugna civile. La Russia conduce il gioco e stabilizza il controllo; il ritiro parziale delle truppe americane ne sancisce la prevalenza. Quello che il presidente Obama aveva liquidato come un “potere regionale” ha, invece, dimostrato che gli Stati Uniti possono essere irrilevanti su questioni cruciali. La nerbata più umiliante arriva con l’interferenza cibernetica nelle presidenziali americane del 2016, attraverso i social media, proseguita con minore impatto nella campagna elettorale del 2020, che ha saputo manovrare la polarizzazione politica presente nella società. Il sostegno al Venezuela di Maduro, e la aperta condanna di ingerenze esterne, ha alzato il livello della tensione. La Russia presenta per gli Stati Uniti problematiche potenzialmente più pericolose che negli anni cinquanta.
L’economia russa è più debole di quella degli Stati Uniti e Vladimir Putin non potrà mai restaurare la statura dell’Unione Sovietica che, alla sua dissoluzione, si trovò con la popolazione dimezzata, un Pil decurtato di più del 50 per cento, e un territorio ridotto ai confini precedenti a Caterina II. D’altro lato, è una superpotenza nucleare capace di attaccare gli Stati Uniti, o resistere a un bombardamento e rispondere con efficacia. La sua industria bellica produce dispositivi di ultima generazione commercializzati in tutto il mondo, fra cui Cina, India, Turchia ed Egitto; e le sue forze armate hanno dimostrato preparazione per raggiungere gli obiettivi prefissi in Cecenia, Georgia, Ucraina e Siria. Il bilancio delle risorse militari nei Balcani, nel caso di uno scontro convenzionale, è passato a favore della Russia. Se qualcuno ancora ritenga l’immagine di una Russia obsoleta, con un esercito utilizzato in parate, e altri ceremoniali, per celebrare i fasti del passato, farà bene a rendersi conto che proprio la robustezza militare è il suo odierno vantaggio comparativo. Mosca è in grado di intervenire in qualsiasi punto del globo e contrastare gli interessi americani.
Washington e Mosca hanno idee molto diverse su come dovrebbe essere un dialogo costruttivo. Alcuni temi pressanti esigono, comunque, attenzione immediata, fra cui il rinnovo del trattato New START, che scade a febbraio del 2021. Questi accordi hanno una durata di 50 anni, la firma risale al 1972, quando Richard Nixon si recò a Mosca, e ci sarebbe spazio per un’estensione di altri cinque, evitando di lasciare un vuoto nella coordinazione imprescindibile fra i detentori del 90 per cento dell’arsenale atomico. Sarebbero anche fondamentali un riavvicinamento degli Stati Uniti al gruppo di contatto, costituito da Germania, Francia, Russia e Ucraina, che negozia la conclusione delle ostilità in Ucraina, e il ripensamento di azioni, come la guerra economica alla Cina e la sequela di sanzioni ai danni della Russia, che conducono queste ultime a convergere nella direzione di un’alleanza contro gli Stati Uniti. Vale, inoltre, la pena ricordare che alcuni provvedimenti, come quello sul gasdotto Nord Stream 2, hanno avuto ripercussioni negative soprattutto sugli alleati degli Stati Uniti, per esempio la Germania, senza effetti paragonabili per Mosca.
La Russia punta a una visione post-occidentale, in cui gli Stati Uniti siano uno dei tanti attori geopolitici, senza dominare la totalità della scena. Allo stesso tempo, afferma il suo prestigio negli equilibri internazionali. Durante la conferenza di Yalta nel 1945, l’inviato americano a Mosca, George Kennan, scrisse al consigliere di Franklin D. Roosvelt sull’Unione Sovietica, Charles Bohlen, avvertendo che questa avrebbe cercato di mantenere quanta autorità possibile sull’Europa orientale e chiedendo quale fosse la posizione al rispetto. Fu chiaro sin dall’inizio che ci fossero almeno due mondi da gestire, poi confermato da una lettera di Bohlen al segretario di stato George Marshall nel 1947, nella quale si esplicita l’imperativo di forgiare un blocco di alleanze anti-sovietiche.
Per le quattro decadi che si sono succedute, questo è stato l’asse centrale della strategia americana. Di fronte a ripetute crisi, gli Stati Uniti sono rimasti a guardare: Dwight Eisenhower durante la rivoluzione ungherese del 1956; Lyndon Johnson nel frangente della Primavera di Praga del 1968; George W. Bush in occasione dell’invasione della Georgia nel 2008; Obama quando le forze speciali russe hanno preso possesso della Crimea nel 2014; e Obama e Trump nel corso della guerra in Siria dal 2015. Il peso della Russia risiede nell’inevitabile verità esternalizzata, in chiusura degli anni ottanta, da una dichiarazione congiunta di Ronald Reagan e Mikhail Gorbachev: “una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta”.
Questo articolo è stato pubblicato su EinaudiBlog, il blog della Fondazione Luigi Einaudi per studi di politica, economia e storia.
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